SOLLEVAMENTO E DOLORE LOMBARE CRONICO: UN NUOVO SGUARDO AL CONTROLLO MUSCOLARE E ALLA CINEMATICA

Il dolore lombare cronico (C-LBP) rappresenta una delle principali cause di disabilità al mondo, con una prevalenza che raggiunge il 23% nella popolazione generale e un’incidenza che continua ad aumentare. Per decenni, le raccomandazioni cliniche sul sollevamento si sono concentrate su posture “corrette”, in particolare promuovendo la lordosi lombare durante il sollevamento. Tuttavia, la letteratura scientifica recente ha iniziato a smontare questi dogmi, evidenziando la necessità di un approccio più individualizzato e fondato sul controllo neuromuscolare.

Il dibattito sulla postura "corretta": è davvero così importante la lordosi?

Per anni, la postura lordotica è stata indicata come la forma più “sicura” di sollevamento. Tuttavia, una revisione critica della letteratura mostra come questa affermazione manchi di solide basi scientifiche. Infatti,ad oggi sappiamo che:

  • Non esistono evidenze cliniche in vivo che colleghino direttamente la flessione lombare durante il sollevamento a un aumentato rischio di CLBP.
  • Gli interventi educativi che promuovono il sollevamento con schiena dritta non hanno ridotto l’incidenza di dolore lombare.
  • Persone con e senza CLBP manifestano paura nel sollevare con la schiena flessa, suggerendo un condizionamento culturale più che un rischio reale.

Uno studio fondamentale (Mawston et al., 2021) ha dimostrato che la postura completamente flessa della colonna lombare è associata a maggiore momento estensore e migliore efficienza neuromuscolare (NME) rispetto a posture estese o intermedie: quindi sollevare un peso piegando la schiena permette di esprimere più forza facendo meno fatica. Perché allora dovremmo avere paura di sfruttare quella che è la tecnica oggettivamente più efficiente?

Il controllo della forza degli estensori lombari: molto più della semplice forza

Ma è solo una questione di quanta forza riescono ad esprimere i muscoli della colonna? Ovviamente no, non c’entra solo la forza massima, ma anche del suo controllo. Il controllo della forza è definito come la capacità di regolare l’output muscolare in modo preciso e fluido.

Secondo Pranata et al. (2017):

  • I pazienti con C-LBP mostravano un errore medio nel force-matching superiore (fino al 45% in più) rispetto ai controlli  sani (P<0.01). In pratica, sbagliavano a “dosare la forza”, in eccesso o difetto, rispetto a quella realmente necessaria per svolgere un determinato compito.
  • Il deficit era più marcato nella fase di ramp-up (la parte del movimento in cui è richiesta un’attivazione progressiva della forza).
  • La forza massima (MVIC) non differiva però tra i gruppi, sottolineando che la qualità del controllo motorio è più rilevante della forza massima.
  • L’errore nel controllo era correlato al grado di disabilità percepita (p < 0.01).

Quali possono essere delle possibili spiegazioni? Una potrebbe riguardare l’aumentata rigidità muscolare del tronco dovuta a co-contrazione difensiva della muscolatura della regione addominale durante il movimento, come suggerito da Hodges & Tucker (2011). Per questo, lavorare sul rilassamento delle strutture durante il sollevamento e sulla fluidità e leggerezza del movimento può, in alcuni casi, portare a un miglioramento clinico.

Di riflesso, anche la dinamica di movimento delle ginocchia si modifica nei pazienti con dolore alla schiena: lo studio più recente di Pranata et al. (2023), valutato il movimento dei pazienti con C-LBP durante compiti di sollevamento, ha rilevato che:

  • Un controllo alterato della forza degli estensori lombari era associato a maggiore velocità angolare del ginocchio nei piani sagittale e coronale.
  • L’errore nella fase di ramp-up spiegava oltre il 40% della variabilità nella velocità del ginocchio.

In sintesi, chi ha dolore cronico lombare tende a presentare peggior controllo della forza degli erettori spinali e maggior lavoro a livello delle ginocchia, con un movimento meno efficiente e più dispendioso a livello energetico. Tutti elementi su cui un buon fisioterapista può lavorare, no?

Tecniche di sollevamento e risultati clinici: l’individualizzazione è la chiave

Uno studio recente di Au et al. (2025) ha esaminato 5 individui con C-LBP associato al sollevamento, sottoposti a CFT e sollevamenti ripetuti. I risultati hanno evidenziato:

  • Nel 87% delle misurazioni a un miglioramento clinico è stato associata una transizione da una tecnica simil squat (con schiena più estesa) verso semi-squat o stoop (con schiena più flessa).
  • Queste tecniche erano caratterizzate da:
    • Maggiore velocità e ROM del tronco.
    • Minore ROM e velocità delle ginocchia.
  • L’efficacia clinica era indipendente dalla postura lombare utilizzata, ma correlata alla capacità di muoversi con naturalezza e controllo.

Sicuramente, questo studio ci lascia degli ottimi spunti: quando un paziente sta meglio tende spontaneamente a muoversi nel modo più efficiente, “perdendo” i comportamenti protettivi che lo portavano verso un movimenti simil-squat.

IL RUOLO DEL FISIOTERAPISTA: GUIDA, FACILITATORE E PROMOTORE DELL’AUTOEFFICACIA

Superare le prescrizioni standard, sfruttando il clinical reasoning

È necessario abbandonare frasi come “schiena dritta!” o “attiva il core!” se non contestualizzate: 

  • Non esiste una tecnica universalmente corretta.
  • Le posture flesse non sono dannose di per sé.
  • Il dolore non è sempre segno di danno tissutale.

Non demonizziamo la tecnica di sollevamento con la schiena in lordosi: hanno una loro utilità, stimolano i tessuti in modi differenti e con target differenti: ad esempio, uno stacco da terra con il mantenimento della lordosi crea un’attivazione più intensa e prolungata degli erettori e una maggiore tensione a livello della catena posteriore dell’arto inferiore. Questi elementi sono importanti per il mio esercizio? Allora ben venga utilizzare un sollevamento a schiena estesa!

Educazione e progressione: due pilastri dell’intervento

Si parla sempre di come l’educazione sia uno degli strumenti più importanti nelle mani di un fisioterapista. Quando parliamo di dolore cronico lombare e sollevamento dei carichi, sicuramente è importante che il paziente venga educato a:

  • Comprendere la tolleranza al carico. La schiena è più forte di quello che sembra, si può e si deve far lavorare, ma allo stesso ci vuole la giusta consapevolezza di quanto caricare, come si può allenare e migliorare con gradualità la tolleranza agli stress dei tessuti.
  • Riconoscere il significato adattativo del dolore. Avere dolore è un’esperienza comune, non strana né rara. Capire però quando il dolore ha una funzione protettiva e quando, invece, sta ostacolando il recupero in modo maladattivo permette al paziente di capire come comportarsi nei movimenti quotidiani. Nel concreto? Niente descrizioni complicate, ma consigli pratici personalizzati in base alla valutazione fatta al paziente . Dire “non preoccuparti del dolore, concentrati sul fare il movimento anche se senti male” o “prova a muoverti più che puoi, ma fermati quando senti dolore” è ugualmente corretto quando contestualizzato sul paziente giusto!
  • Promuovere l’adattabilità dei tessuti e l’autoefficacia attraverso l’esposizione graduale. Che l’esercizio terapeutico è importante non serve ribadirlo, giusto?

Implicazioni cliniche: costruire capacità, non evitare movimenti

Washmuth et al. (2022) propongono un modello basato su un continuo di concetti: calmare il tessuto → costruire il tessuto → migliorare la capacità di lavoro.
Niente di nuovo sotto il sole, ma alle volte è importante ribadirlo: gestire i sintomi, migliorare le capacità di carico, creare nuove possibilità e capacità di movimento. Il tutto concentrandosi su diverse dimensioni:

  • Cognitiva: la paura del movimento o le errate convizioni sono sicuramente un freno importante al recupero (Vlaeyen et al., 2001).
  • Biomeccanica: sfruttiamo esercizi diversi per massimizzare l’effetto desiderato. Ad esempio uno squat per il rinforzo dei quadricipiti o una tecnica stoop per ischiocrurali e estensori lombari (van der Have et al., 2019).
  • Tolleranza fisica: il dosaggio dell’attività è importante tanto quanto la tecnica in sé, alle volte anche di più (Mueller & Maluf, 2002).
  • Dolore: l’esposizione graduale può ridurre la sensibilità e migliorare la funzione (Vlaeyen et al., 2001). Giochiamo sulla variabilità del movimento per stimolare a intensità sempre crescenti!

Conclusioni

La gestione del CLBP non può più basarsi su regole rigide. È tempo di:

  • Valutare la funzione neuromuscolare, le capacità di movimento e le credenze e aspettative del paziente.
  • Proporre interventi graduali e personalizzati basati sul quadro clinico e sugli obiettivi funzionali, per lavorare sulla variabilità di movimento, la capacità di carico (meccanico e psicologico) e i comportamenti maladattivi.
  • Utilizzare la conoscenza scientifica per superare i dogmi e restituire ai pazienti libertà di movimento e fiducia nel proprio corpo.

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  1. Au, I. P. H., Saraceni, N., Smith, A., O’Sullivan, P., Ng, L., & Campbell, A. (2025). Is lifting technique related to pain and functional limitation? A replicated single-case design study of five people with lifting-related chronic low back pain. European Journal of Pain, 6, Article 70071. https://doi.org/10.1002/ejp.70071

  2. Mawston, G., Holder, L., O’Sullivan, P., & Boocock, M. (2021). Flexed lumbar spine postures are associated with greater strength and efficiency than lordotic postures during a maximal lift in pain-free individuals. Gait & Posture, 86, 245–250. https://doi.org/10.1016/j.gaitpost.2021.02.029

  3. Pranata, A., Farragher, J., Perraton, L., El-Ansary, D., Clark, R., Meyer, D., Han, J., Mentiplay, B., & Bryant, A. L. (2023). Impaired lumbar extensor force control is associated with increased lifting knee velocity in people with chronic low-back pain. Sensors, 23(21), 8855. https://doi.org/10.3390/s23218855

  4. Pranata, A., Perraton, L., El-Ansary, D., Clark, R., Fortin, K., Dettmann, T., & Bryant, A. (2017). Lumbar extensor muscle force control is associated with disability in people with chronic low back pain. Clinical Biomechanics, 46, 46–51. https://doi.org/10.1016/j.clinbiomech.2017.05.004

  5. Short, S., Short, G., Lehman, G., Friesen, J., & Johnson, B. (2025). A critical review of trunk and hip exercise prescription: Applying evidence for a modern approach. International Journal of Sports Physical Therapy, 20(3), 129972. https://doi.org/10.26603/001c.129972

  6. Washmuth, N. B., McAfee, A. D., & Bickel, C. S. (2022). Lifting techniques: Why are we not using evidence to optimize movement? International Journal of Sports Physical Therapy, 17(1), 30023. https://doi.org/10.26603/001c.30023

Daniele Sacchi

Fisioterapista OMPT , Co-founder CORPORE

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